E’ una riforma molto importante perché riguarda il rapporto ecommerce-consumatore e, proprio per questo, deve essere riprodotta nei termini di vendita degli shop online; in difetto, si rischiano contestazioni degli utenti o sanzioni delle Autorità.
Precisiamo che la riforma al Codice del Consumo riguarda il rapporto “ecommerce-consumatore”.
Quanto leggerai pertanto non riguarda la vendita a professionisti, che rimane esclusa dalle novità introdotte dalla riforma.
La garanzia legale è da sempre uno dei diritti più importanti per i consumatori (insieme al diritto di recesso).
Proprio per questo motivo, la riforma al codice del consumo prevede che il sito ecommerce debba informare l’utente in merito a:
idoneità dei beni alle esigenze del consumatore
conformità dei beni alla descrizione, a quanto indicato nella pubblicità e nelle comunicazioni post-vendita
caratteristiche del prodotto venduto.
E' fatto specifico divieto di "occultare" i costi al consumatori su servizi o beni che sono necessari per usufruire pienamente del prodotto/servizio comprato online.
La riforma impone di indicare diversi termini in tema di garanzia legale.
Sotto questo profilo, il Codice del Consumo già prevede che il sito ecommerce sia responsabile verso il consumatore di qualsiasi difetto di conformità esistente al momento della consegna del bene che si manifesti entro due anni da tale momento.
Ormai da molti anni sussiste una presunzione sui difetti di conformità dei beni: i difetti che si manifestano entro 6 mesi dalla consegna si presume che esistessero già al momento, appunto, della consegna.
La novità in vigore dal 1° gennaio 2022 riguarda proprio questa presunzione, che viene estesa fino a 1 anno dalla consegna.
La presunzione viene addirittura estesa per tutta la durata della fornitura, in caso di beni e servizi digitali, a meno che tale ipotesi sia incompatibile con la natura del bene o con la natura del difetto di conformità.
La riforma rafforza anche i diritti del consumatore.
Rimangono a beneficio del consumatore i rimedi, in caso di difetto di conformità del bene, del ripristino della conformità, o di ricevere una riduzione proporzionale del prezzo, o di richiedere la risoluzione del contratto alle condizioni previste dal Codice del Consumo.
Anche qui però una importante novità: il consumatore può rifiutarsi di eseguire il pagamento di qualsiasi parte di prezzo fino a quando l'ecommerce non adempia agli obblighi sulla garanzia.
Le novità implicano che se le condizioni stabilite nella garanzia convenzionale sono meno vantaggiose per il consumatore rispetto alle condizioni stabilite nella relativa pubblicità, la garanzia convenzionale vincola il venditore secondo le condizioni stabilite nella pubblicità relativa alla garanzia convenzionale.
Ciò vale a meno che la pubblicità associata sia stata corretta prima della conclusione del contratto secondo le stesse modalità, o con modalità simili a quelle in cui è stata resa.
Le norme in vigore dal 1° gennaio 2022 prevedono che il professionista ha adempiuto l’obbligo di fornitura del prodotto digitale quando:
il contenuto digitale o qualunque mezzo idoneo per accedere al contenuto digitale o per scaricarlo è reso disponibile o accessibile al consumatore e
il servizio digitale è reso accessibile al consumatore o a un impianto fisico o virtuale scelto da quest’ultimo.
Le novità incidono anche sui termini di modifica del prodotto/servizio digitale. Infatti, la modifica può avvenire solo:
se previsto dalle condizioni generali con una motivazione valida,
la modifica è realizzata senza costi aggiuntivi per il consumatore,
il consumatore è informato in modo chiaro e comprensibile della modifica; o
se la modifica incide negativamente sull’utilizzo del bene o servizio digitale, qualora il consumatore è informato, con un anticipo ragionevole su un supporto durevole (es.: email), sulle modalità e il momento in cui viene effettuata la modifica e della sua possibilità di recedere dal contratto o circa la possibilità di mantenere il contenuto digitale o il servizio digitale senza tale modifica.
In caso di recesso dal contratto, il consumatore ha diritto a ricevere il rimborso del corrispettivo pagato.
Come già accertato dalla prevalente giurisprudenza, i diritti del consumatore sono inderogabili.
Questo significa che e qualsiasi clausola inserita nei termini di vendita e volta a escludere o limitare i diritti del consumatore a loro danno del consumatore, anche in modo indiretto e tramite l’indicazione della normativa di un Paese non appartenente all’Unione europea, è nulla.
Questa circostanza si può verificare anche quando si cerca di sottoporre la legge regolatrice delle condizioni di vendita a una normativa Extra-UE (ciò, con lo scopo di ridurre i diritti del consumatore). La relativa clausola sarebbe nulla.
Inserire una clausola limitatrice dei diritti del consumatore non ne determina solo la nullità.
Il rischio è soprattutto la possibilità che la AGCM (l'Autorità che sanziona i siti che violano il Codice del Consumo) configuri una "pratica commerciale scorretta".
E' bene ricordare che la sanzione per una pratica commerciale scorretta parte da un minimo di 5.000 euro fino a un massimo di 5 milioni di euro.
Le sanzioni sono sempre parametrate a diversi fattori come:
gravità e durata del comportamento
fatturato aziendale
eventuale "riparazione" del sito di commercio elettronico.
Ad ogni modo, le sanzioni per una startup si possono aggirare intorno a 25-30 mila euro, il che non è poco per una azienda che ha appena iniziato ad operare.
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Autore: LegalBlink (www.legalblink.it)
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